Mostra fotografica "L' Aspromonte di Francesco Perri"
La mostra
fotografica e letteraria “l’Aspromonte di Francesco Perri” nasce dall’idea di
illustrare l’attività dell’associazione culturale Francesco Perri di Careri(RC)
nel territorio composito e incantevole
dell’Aspromonte.
La
cosa più entusiasmante, fin dall’inizio, nello sviluppo di questa
idea, è stata la possibilità di
poter accostare le immagini fotografiche di Carmelo Albanese alle parole e ai
testi tratti dalle opere di Francesco Perri, soprattutto “Emigranti” e i
“Racconti d’Aspromonte”.
Francesco Perri (Careri, 15 luglio 1885 – Pavia, 9 dicembre 1974) ha
dedicato la sua vita politica e artistica coraggiosamente alla difesa della
libertà e della giustizia.
Francesco Perri, attraverso la
letteratura, soprattutto in “Emigranti”
e ne “I conquistatori”, ha denunciato le
ingiustizie sociali e la violenza che affliggevano l’Italia e la Calabria,
pagando in prima persona, anche con il carcere.
Carmelo
Albanese, anche lui nato a Careri(RC) è un appassionato fotografo, ama la sua terra e cerca, in ogni scatto
fotografico, di fissare per sempre ogni luce e colore che emerge dalla
natura. Nelle sue foto troviamo i colori
e il chiaroscuro che definiscono il paesaggio;
nei testi di Perri, che scorrono nella memoria, riscopriamo il perfezionamento
necessario, l’arricchimento dell’anima e della mente.
Accostare le immagini fotografiche ai testi letterari dà la possibilità di apprezzare in modo
completo e integrale i paesaggi, lo spettacolo dei monti e del mare. Si
ottiene così una visione più profonda degli aspetti culturali e sociali di un territorio, si apre uno squarcio di luce su vicende
passate che, altrimenti, resterebbero oscure.
Chi ama questa terra o ne è incuriosito,
leggendo i testi e guardando le foto, avrà la possibilità di arricchire la sua
conoscenza di questo lembo di territorio mediterraneo.
Tutte le
terre hanno una storia e Francesco Perri ci ha sempre aiutato ad afferrare il
senso del corso degli eventi succedutisi nei territori aspromontani.
La parola
dello scrittore, tra una foto e l’altra nella mostra, lascia immaginare i
contadini, gli emigranti, gli umili protagonisti di storie passate ma sempre
attuali.
Gli
ambienti naturali descritti sono quasi del tutto immutati, spesso da tempo
immemorabile; Carmelo Albanese li fotografa nella loro bellezza forte, aspra ma
tenera. Francesco Perri ci guida, ci sollecita oltre quelle immagini.
La
maggior parte dei testi che accompagnano le foto sono tratte dal romanzo
Emigranti che narra fatti realmente accaduti a Careri e in molte terre del sud
Italia. In Calabria alla fine della I
guerra mondiale(1915-18) si viveva un momento di perdurante crisi economica e
sociale, dopo anni di lacrime e sangue, oltre che di sofferenza nella
popolazione civile. Soffrivano tanto anche i tanti piccoli centri abitati del
profondo sud, peraltro in condizioni di plurisecolare abbandono. Careri, paese
natale di Perri, è un paese di collina, allora eccezionalmente già collegato
con il mondo civile attraverso una strada rotabile dal fondo breccioso, che, da
Bovalino Marina, dove c’è lo scalo ferroviario, saliva, zigzagando per tredici
chilometri, seguendo le anfrattuosità del
terreno e moriva, come un vicolo cieco, davanti alla chiesa .
L’abitato della frazione di Natile, invece restava ancora isolato, di là
dalla fiumara, come tante altre piccole località tagliate fuori dal consorzio
civile.
L’antico progetto governativo di prolungare quella strada fino a Platì(
molto più interno e collegato con l’altro versante aspromontano, quello della
piana di Gioia Tauro) era ancora in attesa di definizione e di attuazione.
L’abitato di Careri sorge su un
altura preaspromontana di 320 metri sul mare, in zona solatia e asciutta,
spesso battuta da un forte vento di tramontana.
Le sue
origini risalgono, presumibilmente, al
1400, senza meno prima della rivolta dei baroni del 1486. In quegli anni, secondo la tradizione,
nasceva Careri ad opera di una parte
degli abitanti dell’antico centro abitato di Panduri(o Pandore), distrutto da
un grave, imprecisato cataclisma, che ha lasciato la sola testimonianza di
qualche rudere, ancora ben visibile, a ovest, a circa due chilometri in linea
d’aria dal centro abitato.
Una
parte degli abitanti, scampati al cataclisma, si rifugiarono su questa altura
ben solida,e decisero di costruirvi un
nuovo abitato.
Il
primo nucleo di case, addossate l’una all’altra, a catena, venne costruito
sopra un costone roccioso, che si spingeva in direzione nord-ovest e terminana
con una piccola altura detta “Puntuni
d’a guardia”, adatta, cioè, a posto d’osservazione, come i tanti, naturali o
artificiali, che, lungo le coste del Sud, venivano allertate ai tempi delle
scorrerie saracene.
Il
lato antico dell’abitato era, e resta tuttora, un raggruppamento di costruzioni
caratteristiche, presepiali, con la maggior parte delle case misere e basse, in
gesso, a fianco delle quali, quasi tutte sul lato della chiesa, risaltavano le
solide case dei pochi “gnuri” e di altre famiglie emergenti.
Ancora
alla fine della I guerra mondiale le strade erano tutte strette, tortuose e
sdrucciolevoli, simili a solchi tra due file di case, per lunghi tratti prive
collegamento tra loro, seguivano l’andamento del terreno accidentato, si
presentavano, qua e là, ingombre di materiale vario, sempre sporche di paglia,
frasche ed escrementi di animali, anche per la presenza di stalle e ricoveri di
bestiame minuto.
In
paese mancava l’acqua potabile. L’unica fontana pubblica, una sorgente locale
detta dello “Stranuso”, si trovava nella campagna a nord ovest.
L’approvvigionamento si faceva con recipienti d’ogni genere, trasportati a
dorso d’asino, in testa, a spalle o a mano, qualche volta di notte,
specialmente d’estate, quando la fontana era assediata in permanenza.
Non vi
erano mezzi pubblici di trasporto e di collegamento con la ferrovia. I
trasporti si facevano con qualche carro privato, ma per lo più, a dorso
d’asino, o sul capo delle donne. E l’asino è
il mezzo di trasporto anche delle persone, nella quale circostanza
prende l’appellativo nobile di “vettura”.
Buona
parte del territorio comunale di Careri era stato, per secoli, feudo
appartenente a famiglie di baroni. Diverse estensioni dei terreni feudali, di
qua e di là della fiumara, venivano allora assegnate alle comunità di Careri e
di Natile.
Il
territorio, fino alla fiumara omonima, è generalmente irregolare,
caratterizzato, specialmente ad est e a nord, da profondi valloni e
anfrattuosità per lo più improduttive. Il tratto tra l’abitato e l’antico sito
di Panduri è meno accidentato, con estensioni in dolce pendio ed avvallamenti,
però in gran parte franoso per grave dissesto idro-geologico, intervallato qua
e là da oasi solide e rocciose.
Dai confini con Benestare fino
all’Aspromonte il territorio era molto frazionato in piccoli appezzamenti. I
pochi poderi estesi, diciamo anche i più produttivi, appartenevano a famiglie di possidenti. Molti possedimenti
di proprietari del luogo restavano vasti ed integri solo perché nelle famiglie
interessate si praticava ancora la regola del maggiorasco. Questo istituto
giuridico di origine spagnola, si
afferma specialmente nel corso del secolo XVI, per il quale, allo scopo
di assicurare l'integrità di un patrimonio, questo viene dichiarato
indivisibile, e trasmesso al parente maschio più vicino di grado senza riguardo
alla linea di discendenza; fra parenti di ugual grado spettava al maggiore di
età.
Inoltre, molti dei piccoli apprezzamenti erano di proprietà della Chiesa
locale, coltivati in enfiteusi, con diritto di successione e compravendita, da
famiglie del paese, che corrispondevano annualmente all’arciprete il quinto del
prodotto.
Quanto ai terreni demaniali ex feudali, gli abitanti di Careri
esercitano gli usi civici sull’altura montagnosa di Varraro (o Verraro) e sul
demanio Macrolis-Forestola, a sud est, di là della fiumara omonima che sorgendo
dall’Aspromonte scende fino al mare Jonio dove si riversa tra Bianco e
Bovalino. L’estensione dei terreni demaniali era di poco più di cento ettari, destinati, alternativamente,
a coltura di cereali e pascolo. Queste sono le terre reclamate dai
“Pandurioti” nel romanzo “Emigranti” di Francesco Perri.
Quali sono le condizioni socio-economiche di quel tempo? Escludendo
un terzo degli abitanti, “gnuri” e relativa servitù, medi e piccoli borghesi,
artigiani, commercianti, coloni…, tutti gli altri vivono, più o meno, in
condizioni di povertà o miseria.
Con lo pseudonimo di Pan, Francesco Perri descrive sulla Voce Repubblicana del 29 e 30 luglio
1921 e poi in una lettera all’On. Ingrao del 1 dicembre 1949, il contesto storico in cui sono maturate le
invasioni delle terre da parte dei contadini; vicende descritte nel 1928 in
“Emigranti .
Sollecitando l’amnistia per i contadini,
Perri ricorda come gli ex combattenti della I guerra
mondiale avessero provato a prendersi, con un tentativo disperato, ciò che
gli spettava di diritto e non gli veniva riconosciuto.
Il 15 ottobre del 1920 venivano fermate a Careri circa cento persone.
Francesco Perri che conosceva perfettamente gli avvenimenti, tornava nel febbraio del 1921 a Careri,
rischiando anche lui l’arresto e veniva
condannato ad una multa da parte della solerte magistratura di allora.
I contadini abbandonarono la terra ed emigrarono in America e in altri
paesi lontani.
In Italia un primo ingente fenomeno migratorio, iniziato nel 1861, dopo
l'Unità d'Italia, terminava negli anni venti del XX secolo.
Un secondo periodo di intensa emigrazione all'estero è avvenuto tra la
fine della seconda guerra mondiale (1945) e gli anni settanta del XX secolo.
Tra il 1861 e il 1985 hanno lasciato l’Italia, senza farvi più ritorno,
circa 18.725.000 italiani.
Il fenomeno non si è arrestato:
un terzo flusso è cominciato
all'inizio del XXI secolo e prosegue riguardando soprattutto i giovani, anche
con un elevato livello di istruzione.
L’incanto della natura e la biodiversità dell’ambiente aspromontano sono
entrate adesso a far parte dell’Unesco Global Geoparks.
La bellezza dell’ambiente aspromontano descritta da Perri, e i
riconoscimenti degli organismi internazionali della bioversità, non devono
distrarre il lettore dalle vicende amare degli uomini e delle donne che hanno
dovuto lasciare questo incanto della natura.
Rileggendo “Emigranti” il mondo sembra piccolo e confinato su quel colle
ventoso preaspromontano chiamato Careri invece l’affresco pittorico e il dramma sociale descritto è immenso,
riguarda la Calabria, il sud d’Italia e le terre oltreoceano dove sono andati
finire gli umili protagonisti del romanzo.
Fotografando l’Aspromonte si è esaltata
la specificità naturalistica di questa area; rileggendo l’opera di
Francesco Perri si sono messi a fuoco eventi che hanno cambiato radicalmente la
vita degli uomini e delle donne che abitavano quelle terre. L’identità,
culturale e sociale di un popolo e di un territorio diventa così più
intellegibile.
Giulio Strangio
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