Emigranti di Francesco Perri. Recensione del prof.Giuseppe Italiano del romanzo riproposto dall'editore Rubbettino.

      In questi giorni di festa per l'Associazione culturale Francesco Perri è apparsa sul Quotidiano del sud del 20 agosto 2021 una interessante recensione del prof. Giuseppe Italiano su Emigranti di Francesco Perri, romanzo riproposto recentemente da Rubbettino editore. Ecco il testo accompagnato da un nostro grazie al prof. Italiano e all'editore.

 

Immagine dall'incontro dell'Associazione culturale F.Perri alla "Guardia" di Careri 13-14 agosto 2021.

 

Emigranti di Francesco Perri riproposto da Rubbettino
di Giuseppe Italiano
Nel riproporre Emigranti di Francesco Perri (Careri, RC 1885 - Pavia 1974), nella
collana “La nave dei pini” e con puntuale “Prefazione” di Mimmo Gangemi, la casa
editrice Rubbettino segnala un’opera che costituisce pietra miliare, nel corso del
Novecento, del fenomeno emigratorio italiano; e rende altresì giustizia all’ Autore
(spesso ignorato) e a questa sua opera non sempre opportunamente ricordata.
La conferma di ciò è data da un articolo di Ranieri Polese, apparso sul “Corriere
della Sera” del 5/7/2003; si tratta di un “pezzo” su Vita (Rizzoli), il romanzo con cui
Melania G. Mazzucco ha vinto il premio Strega: «E ora il romanzo scopre gli
emigranti» è il suo titolo.
Polese, dopo aver evidenziato che il fenomeno dell’emigrazione italiana
nell’Ottocento è stato ricordato in letteratura solo da Edmondo De Amicis (con
Sull’Oceano) e da Giovanni Pascoli (col poemetto Italy), così scrive: «Poi,
praticamente più niente; per tutto il Novecento, quel fenomeno sociale rimase assente
dalle pagine dei nostri scrittori, come se non fosse avvenuto».
E ben venga quindi questa recentissima edizione di Rubbettino per ricordare che
questo mondo dell’emigrazione di massa verso la speranza è stato «cantato» dal
calabrese Francesco Perri.
Emigranti, pubblicato da Mondadori nel 1928, fu un grande successo, numerose
furono le traduzioni, la critica fu favorevole. Il testo, da inedito, aveva vinto il concorso
Mondadori del 1926, giudicato da una giuria di cui faceva parte Giuseppe Antonio
Borgese. E nel corso degli anni si avranno altre edizioni: la Garzanti di Milano lo
pubblica nel 1945, la Lerici di Cosenza nel 1976 e Qualecultura di Vibo Valentia nel
2001.
Francesco Flora coglie nel segno, quando, a proposito di Emigranti, così scrive
nel V volume della sua Storia della letteratura italiana: «Francesco Perri rispondeva a
una di quelle attese segrete e dichiarate, che invocano un certo libro e lo trovano,
finalmente, secondo il desiderio e il gusto in cui lo avevano presentito». E Mario La
Cava ricorda, nel suo Ritorno di Perri (Qualecultura, 1993), che lo scrittore di Careri
«è stato il primo scrittore italiano ad avere affrontato in Emigranti il tema
dell’emigrazione».
Nella prima parte, è il racconto del tentativo di occupazione, da parte della gente
di Pandore, di terre demaniali usurpate dai “galantuomini” di paesi vicini. Dopo il
fallimento dell’impresa e le persistenti difficoltà di sopravvivenza (appesantite anche
da una disastrosa alluvione), ai pandurioti non rimane che una via da perseguire: quella
dell’emigrazione. Tra gli altri partono per l’America Gèsu e Pietro, che sono due dei quattro figli di Rocco Blèfari; Giusa e Rosa, le femmine, rimangono in paese. La prima
ad aspettare Liano, che era partito anche lui dopo aver trascorso con lei,
clandestinamente, l’ultima notte paesana. La narrazione del Perri, in questo episodio,
assume toni considerevoli nella perfetta analessi che va ad incunearsi nell’intreccio
diegetico: il lettore è informato dell’incontro «peccaminoso» Giusa-Liano quando
arriva in paese la «mala nova» che Liano era rimasto vittima sotto una miniera di
carbone. Rosa, l’altra figlia, accusata ingiustamente di aver tradito il marito, si suicida.
Gèsu e Pietro non tardano a ritornare al paese. Il primo, ammalato di sifilide
contratta in America, trasmette la malattia alla giovane moglie Mariuzza, con la
conseguenza della cecità. Il secondo viene assassinato al Santuario di Polsi da Bruno
Ceravolo, marito di Vittoria, che era stata la fidanzata di Pietro. Un esempio di
emigrazione meridionale rovinosa, la cui parabola fallimentare assurge a metafora del
dolore e della iattura di un popolo.
E cadde su Emigranti la stroncatura di Antonio Gramsci, già formulata negli anni
Trenta nei Quaderni del carcere, e poi diffusa ampiamente nel 1948 col volume
Letteratura e vita nazionale. Gramsci afferma che «il tratto caratteristico [del romanzo]
è la rozzezza: una rozzezza opaca, materiale»; e trascura purtroppo le parti più belle
dell’opera, che sono - scrive Mario La Cava su “Calabria oggi” del 24/4/1975 - «la
freschezza e vivacità del racconto, la ricerca della verità poetica, il sentimento
virgiliano della campagna, i colori meravigliosi della natura».
Avrà creato disappunto, in Gramsci, la rappresentazione di quei contadini che, fallito
il tentativo di occupazione delle terre, si affrettano, prima di allontanarsi, ad arraffare
ortaggi vari, con movenze macchiettistiche. Gramsci non condivideva ciò che era, in
Perri, l’atteggiamento dell’intellettuale di buon cuore, borghese, che dimostra di nutrire
pietà distaccata verso la classe subalterna; avrebbe preferito una partecipazione umile
alle sofferenze dei derelitti, piuttosto che la persistenza nell’accentuazione patetica. Il
tutto - per Gramsci - non corrispondeva all’idea marxista della lotta di classe: lo
scrittore fallisce il suo scopo quando non sa collocare nella storia il popolo come
protagonista della sua stessa evoluzione.
Ma c’è un altro accadimento che condiziona pesantemente la vita e l’attività
letteraria di Perri: è la scoperta che lo scrittore calabrese aveva pubblicato, sotto lo
pseudonimo di Paolo Albatrelli, il romanzo I conquistatori (Libreria Politica Moderna,
Roma, 1925). Tale romanzo registrava la nascita delle squadre d’azione fasciste nella
Lomellina (Pavia) del 1919/1921; è stato quindi bruciato nelle piazze di Roma dalle
stesse squadre; e provocò inoltre al suo autore il licenziamento in tronco dal suo lavoro
di direttore delle Poste e il divieto di scrivere alcunché sugli organi di stampa italiani
(divieto mantenuto fino alla fine del fascismo).
Tutto ciò ha contribuito a che Emigranti e il suo autore intraprendessero una
inesorabile discesa verso l’oblio. Oblio, che ora Rubbettino contribuisce a smantellare.
 
Immagine della Mostra fotografica l'Aspromonte di Francesco Perri a Careri 13-14 agosto 2021



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